10 punti per smontare la favola della Giunta sulla "newco" - Le Considerazioni in aula
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- Una lettura parziale della Legge Madia
In Commissione consiliare ci è stato detto dall’Assessore che la Legge Madia “impone” la figura dell’amministratore unico come unica forma di governance e apprendiamo dalla bozza di statuto (art. 14 comma 1) che la newco prevede prioritariamente l’amministratore unico.
Peccato che la Legge 124/2015, all’articolo 11 comma 3, preveda che l’assemblea della società possa disporre che la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri per specifiche ragioni organizzative, possibilità recepita nello statuto della newco all’articolo 14 comma 1.
A nostro avviso, prevedere un amministratore unico potrebbe concentrare troppo potere nelle mani di una sola persona nominata dal Comune di Casale Monferrato, limitando la rappresentanza dei Comuni soci, inoltre, nel sistema delle società partecipate del Comune di Casale non esistono, ad oggi, esempi di società con un Amministratore Unico già operativo. Questa scelta, oltre a non essere coerente con il caso specifico, non è nemmeno in linea con una politica che favorisca la partecipazione e la condivisione delle decisioni.
Questa scelta accentrerebbe troppo potere in una persona sola, andando contro la logica di partecipazione e condivisione che dovrebbe caratterizzare, per l’appunto, le società pubbliche.
- La rappresentanza dei Comuni soci
Questa nuova società gestirà il servizio di distribuzione del gas non solo per Casale, ma anche per altri Comuni del territorio.
Riteniamo quindi opportuno che la governance sia plurale, con un Consiglio di Amministrazione che dia voce anche ai Comuni soci con partecipazioni minori e complessivamente inferiori alla quota detenuta dalla Città di Casale Monferrato, ma che sono interessati sui loro rispettivi territori comunali dal passaggio della rete di distribuzione di cui, peraltro, non conosciamo ancora la stima precisa peritale. Ci saremmo attesi che tale dato fosse indicato nel piano industriale.
I comuni in discorso risultano essere: Borgo San Martino, Bozzole, Cella Monte, Coniolo, Frassineto Po, Giarole, Ozzano Monferrato, Pontestura, Rosignano Monferrato, Sala Monferrato, San Giorgio Monferrato, Terruggia, Ticineto e Treville Monferrato.
Negare questo principio di rappresentanza rischierebbe di ridurre il ruolo degli altri Enti nelle decisioni strategiche.
È questo il modo con cui la Giunta intenderebbe promuovere la collaborazione territoriale di cui si vanta?
- Il piano di riorganizzazione AMC
Entriamo nel merito del piano di riorganizzazione AMC.
Un piano che – e lo voglio dire chiaramente – è stato richiesto e concordato con il Comune di Casale, nonostante in aula sia stato dichiarato che non vi fosse un coinvolgimento diretto. Sui verbali del C.d.A. si legge che il piano è in mano al Comune dal mese di giugno 2025.
Basta leggere i documenti per capire che il Comune è stato parte attiva, sin dall’inizio, di un percorso che, secondo noi, comporta rischi di frammentazione e indebolimento della società.
Questa situazione, questa realtà dei fatti, dimostra ancora una volta quanto poco la Giunta sembri valorizzare il ruolo del Consiglio Comunale. Evidenzia, inoltre, come le informazioni dettagliate, già in possesso della Giunta, non siano state condivise, neppure a titolo informativo, durante i Consigli Comunali del 25 e del 30 settembre scorsi.
- Situazione economico-finanziaria
La situazione economico-finanziaria di AMC è delicata, lo dice il piano stesso.
Si parla di una società che, dopo lo scorporo, potrebbe trovarsi con bilanci in perdita, senza dividendi dalle società partecipate e senza economie di scala.
Gli utili di AM+, stimati in circa 700-800 mila Euro l’anno, potrebbero venire meno.
I servizi TLR e TPL, i cimiteri, le soste, lo scuolabus, l'illuminazione pubblica sono in perdita o in pareggio, secondo i dati disponibili.
Eppure, nonostante tutto, si mantiene un canone gas di 1 milione e 50 mila Euro, contro i 700 mila Euro indicati dagli onerosi studi tecnici commissionati e pagati da AMC stessa.
Ci chiediamo quindi quale sia l’utilità reale di questi studi, se poi le decisioni non ne tengono conto.
- Le contraddizioni dello “scorporo”
La delibera ARERA n. 296/2015/R/com, emanata nel 2015, recepisce le direttive Europee che impongono alle società verticalmente integrate, ossia quelle che svolgono più attività come distribuzione e vendita, di separare le funzioni anche a livello societario.
Perché, dunque, tanta fretta oggi nel procedere a questa separazione, dopo ben dieci anni? Certo, meglio tardi che mai… però, tutta questa fretta oggi?!
E, soprattutto, perché nel 2023 sono stati bloccati studio e relative attività conseguenti, commissionati a un professionista esterno, costati complessivamente oltre 300.000 Euro circa ad AMC?
Già dal mese di ottobre 2023 si prevedeva lo scorporo del servizio di distribuzione a partire dal 1° gennaio 2024, con statuto, atti costitutivi e strumenti operativi già pronti.
Ora si torna sulle orme della stessa operazione, allora interrotta, ma con una urgenza improvvisa e ulteriori costi aggiuntivi.
Si sostiene oggi che lo scorporo renderà AMC più efficiente. Tuttavia, dal piano emerge che il cosiddetto “bollito” dei servizi, ovvero la frammentazione delle attività, renderà più difficile l’accesso al credito bancario, tanto che la nuova società dovrà essere finanziata direttamente da AMC, non disponendo di un patrimonio sufficiente a garantire affidabilità creditizia.
In altre parole, AMC, già in una situazione economica delicata, sarà costretta ad assumersi nuovi debiti per sostenere una società controllata di 2° livello che non potrà restituire le somme in tempi certi. È davvero questa la “riorganizzazione virtuosa” che ci viene presentata?
- I beni pubblici fuori dalla newco
Le reti e gli impianti, il vero patrimonio dei cittadini, non sembrano venire trasferiti alla newco per garantire autonomia finanziaria.
A nostro avviso, questo solleva dubbi sulla capacità della società di gestire efficacemente la distribuzione senza possedere le infrastrutture.
Non risulta inoltre una perizia aggiornata sul valore di trasferimento delle reti, lo ribadiamo.
Ancora una volta, una scelta che a nostro avviso merita approfondimento!
- Costi del personale
Si parlava di risparmio con l’uscita del direttore generale e del direttore tecnico, eppure ad oggi risultano quattro dirigenti. Alcuni con benefit, altri con auto aziendali, ecc. Vi sono, inoltre, richieste di adeguamenti retributivi in corso.
A questo si aggiunge il maggior costo del futuro AD/direttore della newco.
Speriamo l’amministrazione non voglia sacrificare/trascurare i dipendenti per moltiplicare i manager!
- Una gestione accentrata dei servizi pubblici
AMC viene trattata come fosse la cassaforte del Comune di Casale Monferrato.
Nel piano si legge chiaramente che l’ingresso di operatori presenti sul territorio è considerato “un rischio, ma anche un’opportunità”. A nostro avviso questo modo di vedere le cose potrebbe permettere l’ingresso a soggetti privati nella gestione pubblica, con le relative conseguenze del caso.
- Difendere AMC significa difendere i cittadini
Difendere AMC non significa difendere un apparato o delle persone.
Significa tutelare un patrimonio pubblico costruito in decenni grazie all’impegno delle amministrazioni comunali che si sono succedute alla guida della città e ai contributi dei cittadini.
Significa pertanto difendere i Comuni.
Significa opporsi a logiche che potrebbero previlegiare vantaggi immediati, nel breve periodo a scapito dell’interesse pubblico, nel futuro.
- Chiediamo quindi che il Comune:
- richieda al C.d.A. di AMC di prevedere la nomina di un Consiglio di Amministrazione realmente rappresentativo, che includa anche i Comuni soci minori e garantisca la presenza delle minoranze consiliari, giustificando così la scelta di un C.d.A. a cinque membri;
- introduca nello statuto o in un apposito patto parasociale la clausola che ogni cessione di quote possa avvenire solo previo gradimento di almeno il 75% dei soci, per evitare decisioni calate dall’alto e tutelare la proprietà pubblica;
- stabilisca che eventuali vendite di quote possano essere effettuate esclusivamente a soggetti totalmente pubblici, per impedire l’ingresso di capitali privati nella gestione di servizi essenziali;
- garantisca, attraverso accordi sindacali chiari e vincolanti, la tutela dei lavoratori coinvolti nel processo di riorganizzazione, assicurando il mantenimento dei livelli occupazionali e dei diritti acquisiti;
- evidenzi che non è possibile approvare lo statuto di una società di cui non si conosce nemmeno il valore patrimoniale perché non stimato.
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N.B. Le valutazioni contenute nel presente articolo riflettono opinioni personali basate sull’analisi di atti pubblici e documenti ufficiali, e sono espresse nell’ambito dell’attività di indirizzo e controllo propria del ruolo di Consigliere Comunale.
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